A Ovest Di Paperino

Welcome to the dark side.

Review Process

Non è un segreto l’esistenza del cosiddetto review process in quasi tutte le grandi aziende e non solo quelle “tecnologiche”. Anzi: tale processo di valutazione è nato molto lontano. Si basa sull’idea di poter differenziare la work force in tre classi e di valutare e remunerare i dipendenti in base ad una “distribuzione” a priori 20%/70%/10%. Ovvero in base ad una legge universale che stabilisce che in una popolazione abbastanza grande gli elementi di prim’ordine ne costituiscono il 20%, quelli di secondo ordine ne costituiscono il 70% e quelli di terz’ordine, possibilmente da scartare, il dieci percento.

In base a tali principi si racconta che tale Jack Welch sia riuscito a moltiplicare i pani ed i pesci come CEO della General Eletrics.

In MS il modello, già alla base estremamente discutibile, è stato implementato quasi pari-pari. È discutibile in quanto, seppur la statistica fosse corretta, la scienza statistica ci dice che un modello può essere applicato solo a posteriori e per descrivere un fenomeno, non certamente per plasmarlo.

Poi c’è un altro problema: probabilmente in GE ci saranno centinaia di operai che producono viti e bulloni, per cui alla fine della fiera è chiaro che quelli che ne producono 100, stabiliti parametri di qualità uniformi, lavorano e vanno premiati meglio di quelli che ne producono 90 e questi meglio di quelli che ne producono 50. Ma in una azienda dove si producono idee e righe di codice? 50 righe di MS Office sono uguali a 50 righe di Windows? E l’idea che è finita nell’implementazione di Bing vale quanto un’idea buona solo per un brevetto?

Questo è solo il punto di partenza se vogliamo piuttosto distorto; la parte più esilarante è il processo in cui meriti e demeriti vengono assegnati ad essere persino più fragile della bacatissima teoria pseudostatistica che c’è dietro; e che sia bacatissima, se mi fosse mai servita una dimostrazione più lampante, lo dimostra il completo dietro-front di un mio amico ed ora ex-collega assunto come manager: all’inizio difendeva il “sistema” a spada tratta come processo “giusto ed equo”; dopo qualche anno ha espresso – ovviamente  in maniera privatissima – forti dubbi e scetticismi. Il tutto avviene tramite “calibrazione”, un meeting dove i manager si incontrano e discutono una forma preventiva di distribuzione; tale proposta si propaga verso l’alto ove i manager superiori controllano che la distribuzione di più team sia conforme, correggono e propagano a loro volta; le correzioni scendono verso il basso in meeting di calibrazione successive che prendono atto di tali correzioni, ovviamente sempre al ribasso, e vengono implementate in maniera estremamente brutale. In alcuni casi ci sono veri e propri scambi tra team e la moneta di scambio può essere una promozione o una scalata positiva/negativa di ranking. Per dare una forma “umana” a questa distribuzione, viene chiesto al singolo individuo di “misurarsi” e produrre esempi in cui sono chiari gli obiettivi assegnati nel periodo che si sta valutando con esempi di quali e quanti obiettivi sono stati completati, super-completati o mancati. Il manager poi commenterà, con frasi che sono puramente di circostanza, basando i suoi commenti sul numerillo (venti, settanta o dieci) che il processo ha stabilito come valore finale. Il tutto viene discusso, due volte l’anno, in un meeting a quattrocchi con il proprio manager.

Un paio di punti che l’astuto lettore avrà già osservato: al meeting di calibrazione partecipano solo i manager; gli individual contributors hanno un’unica arma a disposizione, fare cose che abbiano una visibilità accecante altrimenti finiranno per essere alla mercé dei propri manager; i manager non sono incoraggiati nell’essere giusti in quanto ciò comporta diverse grane durante la calibrazione, ma nel saper dispensare brutte notizie nel miglior modo possibile; se si applica la teoria dei giochi una strategia vincente è quella di “coltivare” i 10%, ovvero fare in modo che ci siano persone che non possano sfuggire qualunque cosa facciano; e che per la proprietà della visibilità accecante capita molto spesso di vedere developer scrivere lunghe noiosissime ed inutili email con in “to:” il mondo intero.

Fin qui ce ne sarebbe da far rivoltare lo stomaco, ma Ballmer ha “modificato” questo porcellum peggiorandolo in due modi:

  • cambiando le percentuali da 20-70-10 in 20-60-20 raddoppiando di fatto gli scontenti (da l’anno scorso)
  • rendendo praticamente impossibile il cambiare team a chi finisce in classe “C”; volendo si può fare ma il team di destinazione ha bisogno di chiedere il permesso di un VP per cui è più conveniente “assumere” qualcuno meno adatto di classe “A/B” che qualcuno che sia perfetto ma di classe “C”

In base a quest’ultimo punto può succedere qualcosa di interessante: si finisce in un team sfigato (nel senso che non corrisponde in maniera ottimale ai propri interessi o ai propri skill); il nuovo manager ti classifica come “C” e non c’è possibilità di sfuggire. La casistica peggiore, di cui ho osservato già diverse istanze, è la schiavizzazione: si promette all’individuo un’uscita dal purgatorio in cambio di ore ed ore di straordinario (che non è retribuito) e nel caso peggiore si inventa una scusa per non onorare la promessa.

Un ulteriore arma a disposizione del bad manager, che purtroppo è il tipo di manager più comune in quanto favorito dalla strategia migliore del giochino, è la promozione o meglio la non promozione; ci si aspetterebbe che una permanenza di almeno tre anni in classe A sia un’indicazione che l’individuo è pronto a nuove sfide, ma viene più che spesso usata come arma per trattenere i migliori employee soprattutto i delusi ed i delusi classe A sono una tipologia particolare; in quanto sono i primi a cambiare team non appena ottenuto l’agognato salto. Ma il bad manager sa che l’A-deluso non vorrà cambiare team in quanto tale operazione comporta un reset del timer legato alla promozione stessa, per cui la strategia migliore è l’attesa.

Probabile che il goal di Ballmer sia di ridurre drasticamente il numero di employee (cresciuto poi a dismisura proprio durante il suo regno); sta di fatto che il giochino non garantisce la segatura dei mediocri che per una serie di possibilità incrociate tendono ad essere favoriti mentre quelli che hanno la possibilità di ricevere offerte migliori altrove vanno via. In Windows poi, dove i Senior IC sono considerati dei piantagrane visto che la vision è strettamente imposta dall’alto in stile Apple, la situazione è ancora peggiore.

La notizia pessima? Le cose stanno “rapidamente” deteriorandosi.

-quack

P.S. il post è scritto in maniera più oggettiva possibile, usando i numeri e la matematica laddove disponibili; è per tanto probabile che seguirà qualche ulteriore approfondimento; last but not least: la mia scelta di lasciare l’azienda è stata solo in minima parte influenzata da quanto sopra e se mi capitasse, conoscendo benissimo le regole del gioco, non avrei nessuna difficoltà nell’accettare un’offerta globalmente migliore di quella che ho accetta chiudendo la porta.