A Ovest Di Paperino

Welcome to the dark side.
ARCHIVED

Bestiario universitario

Quindici anni fa a Bari terminava in gloria la mia carriera universitaria in Scienze dell’Informazione (un bidello del liceo mi chiese se volessi diventare giornalista; sarebbe stato uno spreco). Nel primo e unico post dedicato all’argomento raccolgo un po’ di aneddoti tra vissuto e mitologia su alcuni personaggi che calcavano le cattedre universitarie.

Analisi 1: un vero folle con gli occhiali alla Woody Allen e lenti spessissime che mi appellava come “la signorina” a causa della distanza e la mia capigliatura alla Jim Morrison. S’inventava teoremi su due piedi e cercava di spiegare una materia astratta come il calcolo infinitesimale in maniera divulgativa. A modo suo. Era assistito da un professore che faceva comparsate sporadiche e non si ricordava se la derivata di cos(x) avesse segno positivo o negativo. Annamo bene.

Algebra e Geometria: Nel corso fatto di a, b, c e d (a differenza dell’analisi fatta di x, x’ e y) la docente pronunciava le lettere nel seguente modo: aaaahaah, biiiihiiihi, ciiiihiiiihi e dì. Per mesi e mesi ci siam chiesti cosa avesse fatto di male la quarta lettera dell’alfabeto latino per subire un trattamento così negativo. L’assistente di Geometria, l’unica ad indossare il camice, intercalava un “i conti ve li fate da soli” con forte accento barese ad ogni conclusione di esercizio: durante gli scritti si dice che in molti abbiano consegnato esercizi conclusi solamente con la frase di cui sopra.

Teoria e Applicazione delle Macchine Calcolatrici: La docente fece la follia di bocciare all’esame di laboratorio 55 ragazzi su 60 perché non avevano aggiunto la “variabile locale per la ricostruzione del risultato” in una procedura ricorsiva nonostante non fosse necessaria ma solo buona norma in algoritmi complessi (a noi tutti la funzione fattoriale non sembrava poi così complessa). Si ritrovò con circa 120 studenti all’appello successivo e per poco non rischiò di essere internata in un manicomio data la mole di lavoro.

Sistemi 1: Era insegnato dall’uomo senza sorriso. Durante gli anni universitari non l’ho mai visto sorridere dentro le mura del campus. Ho scoperto che ne fosse umanamente capace quando l’ho visto sorridere con dei ragazzi scout di cui lui era un capo. Sguardo truce spaventava gli studenti urlando come un pazzo durante gli orali per cappelle “fondamentali” di gente che non avrebbe dovuto avere il coraggio di presentarsi ma poi elargiva ventotto quasi a tutti. Versione moderna di dottor Jackyll e Mr. Hide.

Sistemi 2: Il docente andava in visibilio alla visione di scollature neanche tanto pronunciate. L’essere donna scollata garantiva una media di cinque voti in più, con tanto di dimostrazione scientifica.

Statistica: Aveva un metodo tutto suo di assegnare il voto finale; ovvero v.f. = scritto + orale, con orale avente un range tra zero e sette. Chi prendeva un voto scritto tra venticinque e ventotto si assicurava con poco sforzo la lode. Chi raggiungeva la perfezione scritta doveva invece sudare le fatiche di Ercole per dimostrare di non aver barato. La tecnica in voga era quella di aggiungere artificiosamente un errore di calcolo durante gli scritti per evitare la iattura del trenta.

Teoria dell’Informazione: Nella teoria dell’informazione basata sul lavoro di Shannon esiste una peculiarità importante per quanto riguarda gli esercizi da svolgere. Non si possono scegliere numeri a caso ma ci si può sbizzarrire solo tra un insieme di casi finito e molto limitato per fare in modo che si possano semplificare i calcoli e non richiedere metodi numerici per risolverli. Durante uno scritto uno dei professori, non so se volontariamente o meno, decise di contravvenire a questa regola basilare mettendo in crisi tutti gli studenti incapaci di ricavare con carta penna e calamai il valore di x in una equazione dalla forma assurda. Dovette inventarsi qualche trucco matematico durante la valutazione finale per non penalizzare gli studenti di quel corso.

Analisi 2: La mia bestia nera. Si diceva che il docente si fosse laureato a pieni voti e con largo anticipo presso la Scuola Normale Superiore di Pisa (mito?) e che durante un esame, incavolato come una iena, abbia ritirato le tracce e assegnato come compito la soluzione di un limite la cui risposta era conosciuta solo da due entità: lui e il padreterno (mito?). Era di una arroganza incredibile che si faceva difficoltà ad immaginare contenuta in un esemplare umano alto meno di un metro e sessanta centimetri. Durante un esame (vissuto) arrivò a dirmi “forse lei ha ragione” discutendo un sistema di disequazioni irrazionali. Come se in matematica il forse può esistere.

Il fatto che dopo oltre quindici anni io sia in grado di ricordare tutto ciò è una prova del livello di stress medio sostenuto dagli studenti del campus di Bari.

-quack