Cronache odissiache
Un viaggio così non capitava dal qualche anno.
[PREAMBOLO] Mio cognato mi ha chiesto di comprargli un MacBook Air, modello più costoso possibile; lui mi dice cosa devo fare ed io lo faccio. [/PREAMBOLO]
La partenza è stata incredibilmente tranquilla. Ci assicurano che i bagagli arriveranno a destinazione finale (BRI), ci imbarchiamo e per qualche motivo perdiamo il nostro “slot” per il decollo; il capitano ci spiega che perderemo circa un’ora e sulla coincidenza a Philadelphia ci mettiamo già una croce sopra. Poi succede il miracolo e riusciamo a partire con un ritardo molto ridotto che – ci dicono – a destinazione sarà solo di 10 minuti. Purtroppo a destinazione è passato l’uragano Sfiga e ci tocca girare in tondo a Philadelphia per 30 minuti. Di nuovo pensiamo: coincidenza persa. Poi di nuovo un altro miracolo e ci fanno atterrare molto prima, un’hostess ci dice che ci mettiamo solo 10 minuti ad attraversare da un gate all’altro e ci sentiamo sollevati. Su internet intanto, mentre appaiono informazioni di tutti gli altri voli (se in ritardo per l’uragano o in orario), del volo per Roma nessuna notizia tranne il gate. Non più A19, ma A25. Guardiamo sulla mappa dell’aeroporto di Philadelphia e notiamo che i gate A sono quelli più distanti in assoluto dal gate di arrivo, il C27. Ci toccherà correre, non si sa mai. Arrivati all’aeroporto cerchiamo i soliti monitor delle partenze. In una fila di 5 monitor, quello che indicava il nostro volo è l’unico rotto. Decidiamo di correre verso l’A25 e che Dio ce la mandi buona e durante la corsa facciamo un altro controllo: il volo per Roma è “in orario” e facendo i dovuti calcoli, significa già partito. Sfidiamo la sfiga e finalmente arriviamo al gate più distante in assoluto, l’ultimo degli ultimi del terminale A. Il cuore quasi scoppia, l’aereo è ancora lì anche se il display indica Francoforte.
Tutto procede liscio, ci imbarchiamo e notiamo che nella fila di fianco ci sono 4 posti vuoti consecutivi: questo viaggio almeno si dorme un po’, poi però si scopre che i 4 posti sono vuoti per un motivo molto semplice. Sono “difettosi”, ovvero la TV non funziona, i sedili non si abbassano, sono tenuti insieme con del nastro adesivo, ecc. In realtà l’intero viaggio è stato molto di serie B. Le hostess avevano una strafottenza che sfiorava la maleducazione, il cibo faceva abbondantemente cag*re, le cuffie in vendita per soli 5$ o 5euri, il cornetto della colazione fatto di cartone e manco il classico Yogurth. Ho chiesto se avessero una Diet senza caffeina ma mi hanno guardato manco fossi un rompi-co*lioni e sono stato redarguito in maniera esemplare per aver usato temporaneamente un sedile “riservato” per vedere il film; al mio far notare che il monitor del mio sedile non funzionava mi è stato chiesto con “gentilezza” di cercare un altro posto nonostante 3 posti “non riservati” fossero occupati dai bagagli della crew. Ci mancava poco che su quel sedile ci pis*iassi per dispetto, ma ho resistito. Il volo poi è partito con notevole ritardo perché a New York pioveva! (giuro, dicono che avremmo dovuto seguire la stessa “rotta”). Arriviamo a Roma che il volo per Bari è quasi chiuso, ci dicono che hanno riservato dei posti sul volo delle cinque (saremmo dovuti partire alle 10 e mezza di mattina) ma ci dicono di tentare un’altra corsa. Passiamo correndo davanti alla dogana e un’arpìa si insospettisce e ci fa entrare nel suo ufficio, in virtù del fatto che il MacBook è in bella vista, visto l’involucro naturalmente protettivo della confezione. Decidono di controllarci a fondo e non credono alla storia che tutto il resto dell’equipaggiamento è roba personale: una Nikon, due obiettivi (!!!), uno addirittura incartato nel cellophane e “praticamente nuovo” (ma va? L’ho comprato due mesi fa, che devo graffiarlo per farlo sembrare usato??), e i caricabatterie (!!!), e il netbook (!!!) e le batterie di riserva, e il cam-corder (!!), ecc. ecc. ecc. L’arpìa mi dice che avrei dovuto compilare un modulo doganale e che la dogana americana è molto più severa (ma intanto i moduli doganali li devi compilare per forza, mentre quelli italiani non te li danno neanche se li chiedi!!!) e che se provi a importare il prosciutto son cavoli (ma che centra la dogana, quello è un problema del ministero dell’agricoltura, ecc. ecc.).
L’arpìa mi propone di lasciare il laptop a deposito in dogana, perché se è mio e me lo devo riportare indietro che differenza fa se lo lascio in dogana? Le spiego che se me lo son portato appresso è perché mi serve altrimenti l’avrei lasciato a casa e che il pagamento dell’IVA è di molto inferiore ad un eventuale costo di noleggio, almeno stando alla logica quella Logica alla quale lei stessa si vuole appigliare per incastrarci. Insiste sul fatto che abbiamo cercato di “sfuggire” alla dogana e che se non siamo d’accordo sulla sua estorsione ci avrebbe portati nell’ufficio “di giù” e lì avremmo perso anche il volo successivo. Basterebbe che confessi che è un regalo e chiuderebbero un occhio su tutto il resto, ma invece (visto che l’aereo ormai è perso) per me è una questione di principio. Le dico che se lo sapevo sarei stato ben felice di compilare un modulo doganale, ci accordiamo sul pagamento dell’IVA (comunque scaricabile) e ci chiudono un occhio su tutto il resto; ma non per niente, ma perché ci sono 400 euro di franchigia doganale a testa. Le tazze, il vero “regalo”, l’hanno fatta franca e sono ufficialmente in Italia.
(to be continued)
P.S. Alice va alla grande. Ripeto: Alice va alla grande.