Il farfa sgalbedrato
Qualcuno ha insegnato ad una mia amica americana che ha tanta passione per l’Italia a giocare a scopa; costei un giorno mi ha addirittura confessato di aver trovato una versione online del gioco e di esserne diventata dipendente.
Le ho spiegato che la scopa, confrontata con la versione più seria dello Scopone Scientifico, è considerato da noi purosangue un gioco “semplice”. L’ho perciò introdotta alla Briscola Chiamata, secondo me insieme al Tressette, il gioco più bello che si possa giocare con le carte Napoletane e affascinante anche nel ruolo dell’amico del Giaguaro che fa tanto romanzo Giallo sceneggiato in TV degli anni ‘70.
Mentre spiegavo le già complicate regole del gioco ad una persona che non ha mai sentito parlare neanche di Briscola Semplice, si è intromesso un mio amico (il Maestro di Gioco di cui sotto) e ha dirottato la conversazione su quest’ultimo argomento con tanta frustrazione da parte nostra. È stato allora che mi è venuto in mente il racconto del Farfa Sgalbedrato che girava in Rete già da circa dieci anni fa. Ci ho messo un po’ per rintracciarlo perché non si tratta di termini che restano facilmente impressi nella memoria; ma con la chiave di ricerca opportuna (“Guccini gioco di carte inventato”) ce l’ho fatta. Lo ripropongo qui sotto come l’ho letto io allora, anche e soprattutto a mia futura memoria.
Enjoy!
In un racconto sulla popolazione del Bar, si parla della figura del Maestro di Gioco, presente in ogni bar, quello che sa tutto su ogni gioco di carte, assiste ad ogni partita e critica sonoramente, apertamente e senza pietà qualunque azione dei giocatori. Un giorno la comitiva di Guccini decide di porre rimedio al nefando agire del Maestro di Gioco del loro bar, tale Argo, con un espediente quantomeno originale.
"Un giorno, particolarmente provati da tali esperienze, quando lo vedemmo arrivare durante una partita nacque l'idea: "Inventiamo un gioco!", ci dicemmo. "Un gioco di assoluta fantasia. Vedremo se avrà il coraggio di commentare anche questo". Ci preparammo alla bisogna. Argo arrivò, salutò, e assunse la classica posizione angolare, pronto all'intervento. Ma noi eravamo pronti. Il cartaio mescolò, fece alzare, e cominciò a distribuire le carte secondo l'estro: diede due carte al primo di mano, tre al secondo di cui una scoperta, tre scoperte al terzo e si diede due carte. Una, dopo averla vistosamente guardata, se la mise in tasca. Argo non resistette.
"Perché ti sei messo in tasca una carta?", chiese.
"È per l'eventuale promizio", rispose il cartaio.
Argo tacque, pensoso.
"Ma che gioco è?", chiese timidamente.
"Il farfa sgalbedrato", rispose il cartaio.
"Si', sgalbedrato le palle, con le cartacce che mi hai dato!", urlò uno.
Gli altri guardavano meditabondi.
Si cominciò. Il primo calò un re.
"Mingolo il re di sette", gridò il secondo gioioso "segna tre punti!".
Si commentò ampiamente del suo culo, e solo alla prima mano, anche se, notò il mingolatore, in fondo trattavasi di un mingolo semplice e non sgalbedrato. Il secondo calò un asso:
"Cavallo!", disse.
Il cartaio calò un cavallo:
"Ripuffo", osservò e diede di nuovo una mano alle carte, in maniera ancora assolutamente fantasiosa. Si calarono alcune carte a casaccio, senza commenti. Quando il secondo di mano calò un re di denari, il terzo lo copri' con una carta e gridò:
"Castrono il re".
E allora il cartaio estrasse la carta che aveva in tasca e disse:
"Controcastrono".
Gli avversari fecero il gesto di gettare le carte in tavola, che un culo cosi' non l'avevano mai visto.
"Dai dai, giocate, che la partita non è finita!", commentò benevolo il cartaio.
Altra mano di carte e ci furono alcuni spunti degni di nota, tra cui un marzapicchio rusticanò gridato ferocemente da quello che era stato controcastronato pigliando su tutte le carte in tavola, che stupì anche noi. Argo, visibilmente colpito, taceva. È che noi contavamo, alla vista di un gioco assolutamente sconosciuto, sulla sua rapida dipartita, che ci avrebbe permesso di continuare in una sana briscola o in un normale tressette, ma non avevamo fatto i conti sulla ferrea determinazione del perfetto angolare. Argo non si muoveva e noi, alla quarta partita inventata, cominciammo a perdere di lucidità e a reiterare le invenzioni, cosicché i 'ripuffo', gli 'sgalbedrato', i 'mingolo', tolto un apprezzabile 'ti sbavo il quattro' e un 'prepuzio la regina' cominciarono penosamente a ripetersi e a farsi ciclici. Fu all'ennesimo 'castrono il tuo rè', che avvenne il capolavoro. Argo, fino a quel momento in pensoso silenzio, mise una mano sul petto del castronatore e gli urlò:
"Ma come si fa a giocare cosi'? Non aveva appena sgalbedrato la regina, lui? Allora?! Allora se aspettavi il sette, che non era ancora sceso, potevi ripuffare il suo asso e facevi venti punti di mingolo e sette di sgnaffo, cosi' fai solo i tre del castrono e van fuori loro. Capito, apprendisti dilettanti?!".
Si alzò, e se ne andò, inseguito dalla sempiterna ammirazione di tutti quelli del bar".
(fonte)
-quack
P.S. una versione scaricabile della Briscola Chiamata è disponibile a questo indirizzo. Ne garantisco la compatibilità con Windows 7. E ho detto tutto.