A Ovest Di Paperino

Welcome to the dark side.

MoviePassing

Nella fantastica terra delle bolle silicose han tirato fuori dal cilindro un servizio chiamato MoviePass, il “Netflix” per chi vuole andare a vedere i film in un classico cinematografo.

Ci sarebbe da aprire una parantesi sul fatto che nella bobble-land molto spesso un nuovo prodotto venga semplicemente descritto “Netflix del/dei/della _____”: la dice lunga su quanto Netflix sia stato disruptive non solo come prodotto ma anche come modello di business.

In questo fantastico mondo fatato basta avere un’idea che possa sembrare disruptive e una implementazione base-base per avere accesso a capitali sterminati che permettono all’azienda di viaggiare in rosso durante la fase di lancio fino al possibile aspirato controllo del mercato.

È nato perciò un servizio che nella sua prima incarnazione costava $30/mese e permetteva di guardare un film al giorno, fatte salve eccezioni. Funziona così: al cliente viene spedita una prepagata MasterCard che tramite un’app, una volta nei pressi del teatro prescelto per la fruizione, viene caricata dell’ammontare del prezzo del biglietto, operazione definita semplicemente come “check-in”. L’evoluzione del modello di business è stata interessante da osservare ed è andata per fasi molto ben visibili:

  1. LANCIO. Per $30/mese sono riusciti ad ottenere un minimo di attenzione ma scarso, scarsissimo pubblico. Un biglietto “scontato” qui si trova a circa $10, il che significa che per essere conveniente l’utente medio deve mirare a guardare almeno un film a settimana o poco più.
  2. BOTTO. Hanno abbassato il prezzo a $10/mese e lanciato una campagna annuale ($100/anno) ottenendo l’attenzione che cercavano e un pubblico sterminato. È stato il momento in cui ho deciso di tentare la fortuna visto che anche con un solo film al mese ci si andava in pari; e poi era giusto il periodo dei trailer di Mission Impossible che sicuramente ci andrò a vederlo al cinema e perché no. Ho convinto un mio amico (socio) a seguirmi nell’impresa di guardare almeno un film per settimana, la domenica sera una volta esauriti gli obblighi famigliari.
  3. CRISI. Ogni biglietto pagato, che al botteghino costa di solito un po’ più di $10, significa per MoviePass andare in rosso. Ci sono stati accordi commerciali alcuni andati a buon fine (pochi) altri molto male (tanti) ma la sostanza è che ogni biglietto staccato significa usare soldi degli investitori per pagare lo show ai propri clienti.
  4. DISINCENTIVAZIONE 1. Coi conti in profondo rosso e aspettative di sopravvivenza non proprio rosee, forti di una base di clienti molto ampia, hanno cominciato a sfornare piani per la disincentivazione in virtù del fatto che di solito il modello subscription funziona solo in presenza di utenti occasionali che portano soldi in cassa a discapito degli altri. Nel caso di MoviePass però anche gli utenti occasionali, quelli da “un film al mese”, portano perdite. Il primo disincentivo è stato quello di proibire la seconda visione di uno stesso titolo e richiedere al tempo stesso una foto del biglietto per evitare che la gente dichiarasse di andare a vedere Bambi e comprasse il biglietto per Sterminator 5. Non una grande mossa visto gli scarsi effetti al prezzo di pubblicità negativa.
  5. DISCINCENTIVAZIONE 2. Nel mentre qualcuno in MoviePass cercava accordi con la distribuzione cinematografica e i circuiti teatrali, hanno tenuto fuori programmazione alcuni blockbuster cominciando con “Mission Impossible”; un modo per dare un’idea ai loro interlocutori della loro forza. Morale della favola ce lo siam dovuti vedere pagando di tasca nostra. Il film l’hanno poi reso disponibile dopo tre settimane o più, cosa per molti utenti persino accettabile.
  6. DISINCENTIVAZIONE 3. Invece che avere accesso alla proiezione di “quasi tutti i film disponibili” hanno stabilito una rotazione di circa sei titoli giornaliera, ridotto il numero di film visionabili da uno al giorno a tre al mese e rimosso l’obbligo di scattare una foto del biglietto riaprendo le porte a “false dichiarazioni”. Tutto sommato un’esperienza per molti ancora accettabile previa consultazione del calendario e adeguata programmazione dei film da guardare e quando, che non ha fermato l’emorragia finanziaria del servizio.
  7. MOVIE LOTTERY. Colpo di genio finale: raggiunta giornalmente una certa quota ignota agli utenti di biglietti staccati, l’applicazione restituisce un errore al momento del check-in (“there are no movies available in your area”). Spesso basta chattare per venti minuti con il customer-care representative(*) per vedersi sbloccare l’accesso ma tanto basta per scoraggiare l’utente medio; con questa mossa l’emorragia, se non completamente bloccata, è sicuramente sotto controllo. A noi è capitato che la quota si sia esaurita nel tragitto da casa al cinema con conseguente secondo esborso del biglietto questa volta full price. È stato il momento in cui io e il mio socio, con cui avevamo raggiunto una non trascurabile media di circa tre film al mese negli ultimi periodi e media globale di poco meno di due film al mese per tutto l’anno, abbiamo deciso di cancellare il nostro account nonostante la minaccia di non poterlo riattivare per nove mesi dopo la cancellazione.

Nel frattempo sono cominciate a fiorire alternative: Sinemia, che ha un piano simile di 3 titoli al mese per $10; AMC A-List, 3 titoli alla settimana per $20.

Che fine farà quest’esperimento? Non ne ho idea. Da quello che abbiamo osservato durante certi spettacoli serali le sale sono praticamente vuote. La resistenza dei circuiti teatrali sembra davvero ingiustificata considerato il costo marginale di ogni biglietto praticamente nullo e il traffico e introiti aggiuntivi generati dall’abbonamento mensile: l’anno precedente per intenderci al cinema ci sarò andato un paio di volte ($25) contro i $120 spesi quest’anno, quindi il modello almeno sulla carta sarebbe persino solido. Ma l’industria cinematografica oppone notoriamente resistenza a cambiamenti di entità anche molto minore.

Un peccato se MoviePass dovesse morire e con loro un modello di business sicuramente più a passo coi tempi e con l’utenza moderna, che ormai i film li aspetta su Netflix.

-quack

(*) tali rappresentanti servizio clienti, chiaramente a conoscenza della policy segreta di “quota biglietti giornaliera”, continuavano a perculare gli ignari clienti ovviamente dietro obbligo aziendale, suggerendo i classici step di troubleshooting come: “ha provato a riavviare il telefono”? “ha provato a riavviare l’applicazione”? Il tutto nella speranza di scoraggiare i clienti meno pazienti ad abbandonare l’idea di usufruire del servizio regolarmente pagato.