Il culto della fila
Oggi son ripartiti i miei genitori per Milano, giusto in tempo per dare la possibilità al parente Apple-ista di risparmiare qualcosa comprando un iPad in Ammeriga con importazione gratuita.
Stavolta l’iPad l’ho scartato, onde evitare che qualche altra arpìa pretendesse oboli. Sapendo di dover scartare il giocattolo a casa, non mi son degnato di provarlo in negozio visto che c’era una decina di persone (sarò maligno, qualcuno mi sembrava stesse lì anche qualche giorno prima) a contendersi otto iPad demo sul bancone. Purtroppo appena acceso il giocattolo mostrava una schermata piuttosto spiacevole:
Potrei sbagliarmi ma non mi sembra di aver letto in nessuna recensione, soprattutto in quelle del trio con la lingua marrone, il fatto che un aggeggio del genere, teoreticamente in competizione con un netbook, alla fine richieda un PC anche solo per accendersi. Totò avrebbe esordito con un ma mi faccia il piacere. Siccome sia io sia i miei PC siamo allergici all’inutile software Apple, ho deciso di spegnerlo e infilarlo in valigia senza neanche provarlo.
L’altra cosa piuttosto fastidiosa è stata la modalità di vendita dell’aggeggio. Mi spiego meglio: di solito tutte le grosse catene online con presenza sul territorio permettono il cosiddetto in-store pickup una vera e propria polizza gratuita nell’eventualità che il prodotto esaurisca le scorte molto velocemente; il ritiro della merce avviene poi presso il negozio locale che al momento dell’acquisto online mette da parte il pezzo venduto. Gli Apple Store, guarda caso, non permettono questa modalità di acquisto, una cosa veramente stravagante. Ancor più stravagante il fatto che neanche su Best Buy online, che se non erro è l’unica catena di negozi che ha ricevuto scorte di iPad pronte per il giorno della messa in commercio, fosse possibile acquistare l’oggetto del desiderio: a scanso di equivoci tutti gli altri prodotti sono acquistabili via in-store pickup. Curioso? Non è finita: di solito nel momento in cui si entra in un Apple Store con l’aria confusa di chi cerca un commesso per comprare qualcosa, non si fa in tempo a fare un giro di 360 gradi che il borg in magliettina blu è già lì pronto ad aiutarti: l’acquisto non richiede di passare per la cassa in quanto ogni commesso è dotato di terminalino iPod con lettore di carta di credito ed è in grado di seguire il cliente dal consiglio alla vendita. Invece nei giorni susseguenti il lancio dell’iPad è avvenuto qualcosa di estremamente curioso: nonostante non ci fosse un numero di persone più alto della media (a parte i soliti smanettoni al bancone demo), i borg erano tutti in postazione di riposo. Quando ho chiesto ad uno di loro di comprare l’iPad mi hanno chiesto di fare la fila alla cassa, dove solo qualche minuto dopo altri borg (tra cui il mio) si sono avvicinati ed hanno accontentato i clienti in fila.
Perché fare la fila alla cassa? Di scorte di iPad ce n’erano parecchie e la teoria di sequenzializzare una risorsa ‘scarsa’ chiaramente non sussiste. Il giorno precedente, prima che mi informassi se al parente il prodotto interessasse, il commesso non voleva dare neanche un accenno facciale alla situazione dello stock lasciandomi intendere che c’era il rischio di esaurire le scorte già nella stessa sera. La teoria per me più plausibile è “il culto della fila”, ovvero creare una situazione artificiale che portasse i recensori a dire che c’era gente che faceva la fila per comprarlo. In effetti io la fila l’ho fatta, curiosamente anche quando poi ho comprato la custodia in pelle umana, ma dal punto di vista logistico non ce n’era assolutamente bisogno. Per lo meno in un centro commerciale così affollato come quello di Bellevue Square.
-quack